DI RITORNO DALL'AMAZZONIA - SECONDA PARTE


Ed ecco la seconda parte del racconto "Di ritorno dall'Amazzonia" viaggio coordinato per Viaggi Avventure nel Mondo, che si svolge  nell’Amazzonia dell’Ecuador e del Perù, da cui prende appunto il nome, Amazonas,




10° giorno:
La moglie di Fernando, Leiza,viene a prenderci alle 7.00; Fernando ci sta aspettando in barca, a piedi andiamo verso il rio, lungo la strada ci fermiamo in un bar a fare colazione quindi andiamo al molo, la barca è coperta e ha dei teli di plastica ai lati da tirare giù in caso di pioggia (meno male!) Carichiamo i bagagli e partiamo. Siamo sul Rio Napo, immenso, guardiamo il paesaggio, comincia a piovere, tiriamo giù i teli, Alessandro ci propone dei giochini da risolvere per passare il tempo, facciamo una breve sosta per il pranzo e ripartiamo.
La navigazione, a parte una volta in cui ci siamo arenati e Fernando è dovuto scendere a spostare la barca, è andata bene. A sera arriviamo a Nuevo Rocafuerte dove vive Fernando con sua moglie. Ci ha prenotato un hotel. Io non sto bene, dopo aver tirato fuori tutti i panni dal bagaglio con la speranza che si asciughino un po’ e mi metto a letto, ho la febbre. Fernando verrà a prenderci con la moto per le 21:00 per potarci a cena a casa loro. Nonostante la febbre ho fame, buon segno, i miei compagni di viaggio decidono di andare a piedi, io accetto il passaggio in moto.
Ceniamo, Leiza cucina molto bene; prima di sposarsi e decidere di aiutare il marito nel lavoro, lavorava come infermiera a Santa Clotide, sentito che ho la febbre mi fa una puntura affinché mi passi. Mi faccio riaccompagnare in hotel in moto.









11° giorno:
Anche la colazione è a casa di Fernando che viene a prenderci alle 9:00, io vado di nuovo in moto. La febbre è passata. Rientriamo in hotel, io sempre in moto, ci ho preso gusto! Fernando ci dice che  non possiamo partire subito, verrà a chiamarci, deve disbrigare delle pratiche burocratiche in capitaneria. Poco male, dobbiamo ancora preparare i bagagli e io devo andare a pagare l’hotel; ieri sera avevamo steso i panni fuori, ma al coperto,  ma è piovuto tutta la notte e l’umidità è stata tanta e quindi sono ancora bagnati; una cosa a cui faremo l'abitudine.
Alle 10:30 Fernando passa a chiamarci, prendiamo i bagagli, andiamo al molo, li carichiamo in barca e alle 10:40 partiamo. Dopo 50 minuti siamo al Parco Yasunì. Abbiamo percorso un tratto del Rio Napo vedendo anche un delfino rosado, poi abbiamo preso il Rio Yasunì e siamo arrivati al parco. Facciamo una bella passeggiata, vediamo molte specie di alberi, alcuni naturalmente già visti con Penti, c’è un albero in particolare che viene utilizzato per fare le canoe, è un albero che cresce lontano dal fiume, molto all’interno della selva; quindi una volta che l'albero è stato tagliato e che ha preso la forma di la canoa, per trasportare questa canoa fino al fiume viene fatta scorrere sulla corteccia di un albero il cui interno è molto liscio. Fra le cose che vediamo anche una pianta velenosa con cui gli indigeni pescano. E’ una pianta da cui si taglia un pezzo di ramo e si butta in acqua. Questa pianta toglie l’ossigeno che è in acqua e così i pesci non potendo più respirare muoiono, quindi non sono morti per via del veleno, ma per mancanza di ossigeno e pertanto si possono mangiare. Oggi l’uso di tale metodo di pesca è proibito, ma la pianta viene ugualmente tagliata ed esportata per produrre insetticidi.
Ho visto dei funghi e chiedo a Fernando se nella Selva ci sono funghi commestibili, “si” mi risponde, “proprio quelli che indichi sul tronco dell’albero” ne raccoglie uno e lo mangia, noi facciamo la stessa cosa e gli chiedo se possiamo raccoglierne un po’ per cucinarli. Mi dice di si, e così ne raccoglieremo un bel po’ per mangiarli a pranzo. Inizia a piovigginare, rientriamo che è ormai l’una. Leiza e Fernando scaricano dalla barca il necessario per cucinare; per fortuna c’è un ampio spazio coperto da una tettoia. Ora piove proprio bene. Fernando ci dice che si deve assentare per circa un’ora per disbrigare delle pratiche burocratiche (Ancora? Non le aveva fatte questa mattina?) rientrerà alle 16:00. Per fortuna non piove più.









Quando tornerà andremo con la barca alla laguna Jatun Cocha, raggiungibile anche a piedi, ma in questo periodo di piogge non si può fare.
In 30 minuti di navigazione siamo alla laguna Jatun Cocha che è semplicemente splendida, ne restiamo estasiati, ci sono delle isolette fatte di sola erba che non avendo le radici in profondità si muovono con le correnti. Dopo un po’ Fernando si infila in un anfratto e approdiamo al nostro accampamento: un luogo usato spesso in quanto c’è un tavolo di legno con delle panche, e una sorta di capanno fatto con teli di plastica sotto il quale montiamo le tende. Di nuovo il rito dei panni umidi stesi, con la vana speranza che si asciughino, vana perché la notte è umida e non potranno mai asciugarsi, ma almeno non ammuffiscono negli zaini. Fatto ciò andiamo a pesca di piranha. Io e Yuri abbiamo successo e ognuno di noi due ne pescherà uno. Torniamo all’accampamento, Leiza ci prepara degli ottimi spaghetti al tonno, e naturalmente griglia i piranha che abbiamo pescato, finito di cenare usciamo di nuovo con la barca per andare a vedere i caimani. Di notte i loro occhi sono rosso fuoco. Fernando riesce a prendere uno con le mani, non so come abbia fatto, così lo possiamo vedere da vicino. Torniamo all’accampamento e andiamo a dormire. Pioverà tutta la notte.











 
















12° giorno:
Alle 6:00 ci muoviamo per finire di fare il giro della laguna, per fortuna non piove, vediamo tantissimi uccelli e scimmie. Alle 7:30 torniamo al campo, ottima colazione con pane, marmellata, formaggio, cioccolato/caffè/tea. Finita la colazione smontiamo le tende, sistemiamo i nostri panni, umidi, in un bustone, carichiamo la barca e alle 9:16 partiamo per Nueva Rocafuerte, dove dovranno mettere sul passaporto il timbro di uscita dall’Ecuador. L’addetto dell’ufficio non c’è, ci dicono che tornerà……..e tornerà dopo due ore. Finalmente alle 12:00 riusciamo a partire e dopo 1 ora siamo a Pantoja, in Perù, dove Leiza di accompagna in un ufficio per espletare le pratiche di immigrazione. Vista l’ora Fernando ci porta a mangiare in un ristorantino locale, conosciamo altri turisti, tutti zaino in spallo che stanno visitando questa magnifica parte del Paese e ci scambiamo le impressioni e i consigli di viaggio. Partiamo alle 14:00, il paesaggio scorre ai nostri lati, vediamo da lontano degli uccelli con una cresta sugli alberi e delle scimmie, dei pappagalli coloratissimi volano sopra le nostre teste...finalmente arriviamo a Tempestad. Fernado ci fa montare le tende all’interno di un grande edificio, proprio davanti al fiume. Prima di montare le tende andiamo a farci un bagno, in acqua ci sono già dei bambini, il sole inizia a calare, è l’ora del tramonto e i colori sono bellissimi. Che pace. Ceniamo la cena preparataci da Leiza seduti su un tronco di un albero dopo di che andiamo a dormire.






 



13° giorno:
Sveglia alle 5:00, alle 6:20 abbiamo sistemato tutti i nostri bagagli, facciamo colazione sullo stesso tronco dove ieri sera abbiamo cenato. Carichiamo i bagagli e alle 7:00 partiamo.
Verso le 11:00 una sosta pipì in una zona dove c’è una sola casa Quecha, ci sono dei bambini che vedendoci avvicinare alla riva scappano dalla casa e vanno a nascondersi, Fernando ci dice che hanno paura di noi pensando che siamo dei pelacara, cioè degli uomini bianchi taglia teste. Dopo un pò però vincono la loro paura e piano piano con circospezione iniziano a farsi vedere, Fernando gli dice di stare tranquilli, che possono avvicinarsi, non siamo pelacara. Stiamo un poco con i bambini che hanno un pappagallo con cui ci facciamo delle foto e poi ripartiamo. Pranziamo su una spiaggia lungo il Rio Napo, in un punto in cui vive una sola famiglia che gentilmente ci fa approdare nel loro terreno. Mentre Leiza cucina noi laviamo qualcuno dei nostri indumenti nel fiume approfittando del bel tempo. Il pranzo è stato ottimo: riso al sugo con cipolla e erbette, coscia di pollo, macambo (un frutto grande che va aperto e dentro contiene i frutti, tutti separati fra loro, vanno sbucciati e poi fritti) e banane fritte. Ripartiamo alle 13:35, la navigazione scorre senza intoppi fra questa natura rigogliosa e meravigliosa. Arriviamo a Santa Clotilde alle 17:00. Fernando ci accompagna in un albergo appena costruito a pochi passi dal molo, alcune stanze non hanno finestre, ma visto che è vuoto abbiamo ampia scelta. Nella strada davanti all’albergo sta avendo luogo una partita di pallavvolo fra i ragazzi del posto. Con Leiza andiamo a registrarci al posto di polizia locale che oltre ad annotare il numero di passaporto prendono anche l’impronta del dito indice, anche Leiza e Fernando che vivono in Ecuador devono seguire la stessa procedura. Torniamo in albergo, doccia, passeggiata e alle 19:30 viene Fernando a prenderci per accompagnarci a cena. Dopo cena facciamo due passi in questo paesino e poi andiamo a dormire.






 






















14° giorno:
Sveglia alle 5:20, colazione sulla barca alle 6:00. I colori dell’alba sono veramente belli e il fiume è così placido e riflette tutta la bellezza del cielo, a un certo punto vediamo l’acqua incresparsi, del movimento: sono delfini, la giornata non poteva iniziare in modo migliore. Partenza alle 7:00, due soste per la pipì e alle 14 siamo a Mazan. Fernando lascia la barca davanti la casa di una famiglia chiedendogli se gliela guardano per qualche giorno. Usciamo, con i bagagli salendo dei gradini di legno, se così si possono chiamare, scivolosi, tanto che perdo l’equilibrio e cado, nulla di grave. Arrivati in strada prendiamo tre motocarri e in pochi minuti siamo al porto sul Rio delle Amazzoni. La barca veloce è già al molo i bagagli vengono caricati sul tetto della barca, che parte solo quando tutti i posti a sedere sono occupati. arriviamo dopo 45 minuti di navigazione al porto di Iquitos. Scaricati i bagagli dobbiamo passare attraverso un pantano profondo, la tavola su cui passare è infatti caduta in parte in acqua. Fernando si dà da fare per sistemarla, ci riesce e così evitiamo il pantano. Attraversiamo un coloratissimo mercato di frutta e verdura e siamo in strada dove fermiamo dei mototaxi per farci accompagnare al molo da dove parte la nave  notturna per Jenaro Herera. E’ una bella nave, per chi vuole ci sono anche le cabine, noi, da veri avventurieri quali siamo, viaggiamo in ponte e dormiamo in amaca, circondati dalla gente locale: chi per passare il tempo suona la chitarra, bambini che giocano per terra, donne che chiacchierano.










15° giorno:
Mi sveglio al suono di una campana. Chiamano per la colazione, compresa nel prezzo del biglietto, pappa di avena e pane secco da spezzare dentro (vi dirò che è stata una buona colazione). Fernando ci comunica che l’orario previsto di arrivo non è più fra le 7 e le 9 , ma fra le 11 e le 12. Trascorriamo il tempo guardando il paesaggio che scorre davanti a noi e la vita che si svolge lungo il fiume. Alle 10:30 viene giù il diluvio.
Finalmente alle 12:00 arriviamo a Jenaro Herrera, ha smesso di piovere fortunatamente, scesi dalla nave Fernando si dà da fare per trovare una barca che ci porti alla comunità dei Mayorunas. Prima però compra, dalle donne e dai bambini che si si sono accalcati al molo all'arrivo della nave, del formaggio locale e del pane che mangeremo subito (data l’ora abbiamo fame). La cittadina di Jenaro Herrera è famosa per la produzione di questo formaggio veramente ottimo. Fernando ha trovato la barca, carichiamo i bagagli e salpiamo; dopo circa un’ora di navigazione arriviamo al villaggio. Qui la “mano” del governo è stata pesantissima, è rimasta una piccola comunità, la maggior parte degli Indios si è rifugiata nella parte più interna della selva e non vuole contatti con solo con il governo, ma con nessuno; nel villaggio c’è una scuola per i bambini, costruita a opera del governo stesso, ma il maestro va raramente, i bambini parlano poco  la lingua dei loro genitori e pochissimo spagnolo. Il gruppo che vive in questa zona è sfruttato dal governo in modo spaventoso, la zona in cui vivono è molto pescosa, e quindi li sfruttano come pescatori, comprando a prezzo bassissimo il pesce pescato, pesce che è anche alla base della dieta di questo gruppo di Indios. Le acque del fiume sono infatti molto pescose, mentre arrivavamo abbiamo visto i pesci saltare vicino alla riva e uno ci è saltato dentro la barca. Fernando chiede se possiamo montare le tende dentro un luogo coperto, ci portano in una casa dove c’è un grande letto (vi dormiranno Fernando e Leiza) una “cucina” a legna e spazio per montare le tende e tanto altro, compresa una gallina che sta covando le uova. La casa è rialzata dal terreno, tipo palafitta, per entrare occorre salire una piccola scala, ha una porta. E’ chiusa su tre lati, quello dove sta la cucina a legna è aperto. Abbiamo del tempo a disposizione e andiamo a farci il bagno nel rio, in acqua ci sono i bambini del villaggio e ne approfittiamo per giocare con loro. Dal punto di vista paesaggistico il posto è molto bello. Ci siamo accordati con il capo villaggio per fare una passeggiata notturna che ci piacerà molto, abbiamo camminato per due ore vedendo tantissimi insetti notturni.


































16° giorno:
Per oggi abbiamo concordato una passeggiata mattutina, che durerà 5 ore, ci addentriamo nella foresta, sentiamo solo la voce della natura e il rumore dei nostri passi, per terra ci sono tanti semini rossi con la punta nera, i semini con cui gli Indios fanno le collane, cominciamo a raccoglierli, chissà con il pensiero di tenere attraverso i semini un pezzo di foresta con noi;  è talmente bello qui che non abbiamo neanche voglia di rientrare per pranzo, ma rientriamo, sollecitati dal nostro accompagnatore, e Leiza ci ha preparato un ottimo piatto di pesce appena pescato, anche a colazione abbiamo mangiato pesce e lo mangeremo anche a cena, dopo pranzo andiamo a vedere come viene estratto il sapo,  droga visionaria Mayorunas, usato come mezzo di divinazione per la caccia. Il sapo è un preparato ricavato da una grossa rana arborea, chiamata dai Mayorunas dav-kiet. I Mayorunas la catturano e la tengono prigioniera per tre giorni, durante i quali viene periodicamente raccolta la secrezione che si accumula sul dorso e sulle zampe. Questa secrezione, essiccata, è la parte ricercata ed è chiamata sapo. Al termine dei tre giorni la rana – che mai è maltrattata – viene liberata con celebrazioni festose.
Quello a cui noi assistiamo è che questa rana viene legata stirandolo per le quatto zampe e le viene passato un bastoncino su tutto il corpo, sentendosi attaccata la rana reagisce emettendo questo liquido biancastro che viene raccolto in una ciotolina per poi essere preparato come su descritto. Il capo villaggio ci dice che il sapo, non lavorato con la saliva, viene anche usato mettendolo sulla pelle dove è stato precedentemente fatto un taglietto per poter pulire il corpo, come una sorta di purga quindi in quanto gli effetti che produce così usato sono vomito e diarrea, oppure viene usato sui bambini che non ubbidiscono ai genitori così il bambino sta male e temendo la stessa punizione in caso di una nuova disubbidienza, ubbidirà.
Dopo aver assistito a questa estrazione del sapo andiamo a fare un giro in barca nella laguna. E’ semplicemente un incanto, enormi foglie verdi con una sorta di bordo galleggiano nella laguna, sugli alberi si vedono degli uccelli; al rientro del nostro restiamo per farci un bagno e giocare con i bambini che sono già in acqua e che ci accolgono con gioia.
Ceniamo presto, di nuovo pesce appena pescato, cotto in una foglia di banane e tante altre cose ottime. E’ una serata di stelle, finita la cena ci mettiamo fuori dalla capanna ad ascoltare i suoni della notte. 




















17° giorno:
Ci alziamo verso le 7:00, smontiamo le tende, facciamo colazione, prepariamo i bagagli, siamo silenziosi, ci aspetta un’altra notte in barca e l’addio a questa natura bellissima che stiamo uccidendo.
Andiamo a salutare i Mayorunas, è stato allestito un mercatino e compriamo qualcosa da ogni famiglia. La barca che ci deve portare a Jenaro Herrera arriverà alle 9:00, abbiamo comunque del tempo a disposizione e ci farà fare ancora un giretto nella laguna, poi andiamo decisamente verso Jenaro Herrera. Arriviamo che sono le 10:30, giretto per il paesino, verso le 12:00 andiamo a pranzo con il pensiero fisso: “arriverà la nave?”; e arriva verso le 14:00, è piena di gente e riusciamo a mala pena a trovare un posto dove attaccare le amache; arriviamo a Iquitos la mattina del 6 maggio verso le 7:00.







18° giorno:
Il tempo è bello. Sbarcati prendiamo tre moto taxi per andare ain hotel che si chiama "hotel Amazonas", Fernando viene con noi, gli saldiamo il dovuto e salutiamo sia lui che Leiza; prendiamo possesso della nostra stanza, ci facciamo una bella doccia, tiriamo fuori dai sacchi tutti gli abiti, diamo una pulita agli stivali di gomma che abbiamo decido di riportarci a casa e poi andiamo a fare colazione in un bar dal lato opposto all’albergo. Dedicheremo la giornata alla visita di questa città che è la più grande città della terra non raggiungibile per strada, prima tappa, la casa de Fierro progettata da Gustave Eiffel, eh, si, l’architetto della torre Eiffel, quindi il suo mercato così pittoresco, il museo della civiltà e visto che fa molto caldo nel pomeriggio arriviamo in autobus fino alla laguna Quistacocha, un’oasi di pace con una bella spiaggia e...ci scappa un bel bagno!
Rientrati in città passiamo in albergo per una doccia e quindi andiamo a cena, e poi subito a dormire visto che domani, prima di partire, vogliamo fare un’altra visita.

















19° giorno:
La mattina ci alziamo molto presto per andare a fare il giro in barca per vedere la bidonville di Belem e per arrivare alla confluenza del Rio Ucayali con il Rio delle Amazzoni. E’ una visita molto interessante, Belem è una baraccopoli galleggiante formata da un gran numero di capanne poggiate su zattere i cui abitanti si spostano sulla propria canoa, vediamo persone che si lavano nel fiume, donne che lavano i panni nel fiume......e quando andiamo alla confluenza dei due fiumi vediamo anche tanti delfini rosados!
Finito il nostro tour torniamo di corsa in hotel dove facciamo colazione e andiamo in stanza a prendere i bagagli, abbiamo il volo per Lima! Davanti all’hotel prendiamo dei mototaxi per andare in aeroporto, prima di salire in aereo pranziamo.
Il volo è regolare e atterrati a Lima, usciti dall’aeroporto prendiamo un taxì per andare in hotel.
A Iquitos era una giornata bellissima, arriviamo a Lima e troviamo un cielo grigio…, ma Lima è questa, da aprile a ottobre è avvolta da una perenne nebbia, conosciuta con il termine di garùa che rende il cielo plumbeo. Una curiosità letteraria: molti scrittori hanno trovato fonte di ispirazione in questa caratteristica della città, anche Herman Melville nel suo Moby Dick parla del “velo bianco” che avvolge Lima.
La città sorge sulle sabbiose colline ai piedi delle Ande, è vastissima con i suoi trenta quartieri così diversi fra loro.
Alle 16:00 siamo in hotel, io ero già stata a Lima e quindi decidiamo di non perdere tempo e di farci un giro ai quartieri di Barranco e Miraflores, centro moderno della città e fulcro della vita notturna, e visto che la cassa sta bene decidiamo di concederci dell’ottimo cibo in una bellissima location, la scelta ricade su la Rosa Nautica, un ristorante caro, ma stupendo; finita la cena rientriamo in hotel in taxi.























Lima





20° giorno:
Ci alziamo presto, vogliamo vedere il più possibile, facciamo una buona colazione e usciamo. L’hostal in cui alloggiamo è in centro, facciamo prima una passeggiata lungo il rio Rìmac, il fiume che attraversa Lima, quindi andiamo a visitare la Cattedrale, il Convento di santo Domingo, il Monastero di San Francesco, la Chiesa de la Merced, ci fermiamo poi in un bar per una seconda colazione, quindi prendiamo un taxi A/R per il Cerro san Cristobal, il mirador della città da cui si arriva a vedere l’Oceano Pacifico. In cima a questa collina vi è una croce, illuminata di notte, che rappresenta un punto di riferimento per gli abitanti di Lima che vi si recano in pellegrinaggio duranta la Settima Santa; tornati in centro rapido spuntino per pranzo, e poi andiamo a visitare il museo del sito di Pachacamac. Yuri e Alessandro non sono mai stati in questa parte del mondo e li ho visti molto interessati non solo alla natura, ma anche all’aspetto storico del Paese, quindi gli ho proposto di visitare questo sito che certo non è niente rispetto ai tanti siti che ci sono in Perù, ma la spiegazione della guida è stata molto bella e interessante. E per raggiungerlo: mezzi pubblici, per stare a contatto con i peruviani, non è stato facile arrivare al sito che dista 31 km dalla città, ma ci siamo arrivati, e siamo rientrati a Lima sempre con i mezzi pubblici. Questa sera abbiamo in programma di cenare nuovamente in un ristorante del quartiere Miraflores, dopo aver girovagato un po’ scegliamo il cafè de la Paz, che si trova in una stradina tranquilla proprio dietro al Parque de la Reserva dove andiamo dopo cena  per vedere il Magic Water Circuit, impressionate circuito dell'acqua che conta 13 bellissime fontane; per le quali è il complesso più grande al mondo del suo genere.. La fontana principale che si chiama semplicemente fuente lancia un getto d'acqua con una altezza di oltre 80 metri e poi la fuente de la fantasia una fontana cibernetica di 120 metri di lunghezza, che crea curiose immagini della natura riflessa in tonalità di verde e circondata da fiori acquatici molto belli e poi: la fonte dell'armonia, la fonte dell'arcobaleno, il tunnell delle sorprese con una lunghezza di 35 metri, la fonte del bambino, la fonte della vita, la fonte del tradimento,la fonte dei desideri lunga ben 110 metri; segue la fonte del labirinto formato da pareti d'acqua molto suggestivi e che cambiano di tonalità e dulcis in fundo lo spettacolo di suoni e luci laser presso la fuente de la fantasia, semplicemente strepitoso, se andate a Lima non perdetelo, è uno spettacolo incredibile che vi lascerà a bocca aperta.





















21°giorno:
Ultima mattinata a Lima, ci svegliamo presto,dopo aver fatto colazione portiamo i bagagli alla reception per metterli in uno sgabuzzino fino a quanto non rientriamo e in taxi andiamo al Museo de oro y de armas, che abbiamo trovato molto interessante. Rientriamo in hotel, sempre in taxi, prendiamo i nostri bagagli, ci facciamo chiamare un taxi dalla sig.ra alla reception e andiamo in aeroporto.
La fine di un bel viaggio è sempre un po’ triste, sia quando la vivi, sia quando la “rivivi” scrivendo un racconto del viaggio, ma la meravigliosa esperienza fatta resterà per sempre con me.



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