DI RITORNO DALL'AMAZZONIA - PRIMA PARTE


Questo viaggio, coordinato per Viaggi Avventure nel Mondo, viaggio che si svolge  nell’Amazzonia dell’Ecuador e del Perù, da cui prende appunto il nome, Amazonas, è un viaggio senza dubbio di un grande fascino naturalistico. Un viaggio entusiasmante, bellissimo: probabilmente una delle ultime mete in un luogo ancora "selvaggio", passatemi il termine, un viaggio per veri viaggiatori che non si spaventano per le difficoltà che un viaggio simile, inevitabilmente, procura. 
Un viaggio che prevede lunghe giornate in navigazione lungo i fiumi che attraversano l’Amazzonia dell’Ecuador e del Perù.
In questo viaggio la cosa che più mi ha entusiasmato è stato l’incontro con le popolazioni locali dell’Amazzonia dell’Ecuador: gli Huaorani, che pure essendo ancora circa 3/4 mila individui sparsi nel parco nazionale Yasunì dell’Ecuador, come cultura stanno, purtroppo, scomparendo.

Penti Bahia con il papà



A conservare le abitudini di vita sono rimasti solo pochi individui che ormai hanno una certa età mentre i giovani tendono a occidentalizzarsi.
Il popolo Huaorani è un popolo di guerrieri sopravvissuti con la caccia e la pesca; entrati in contatto con il resto del mondo solo recentemente, sono chiamati anche "Aucas", che in lingua quechua significa "Persona della Foresta". Attualmente si fanno chiamare Wuaorani o Huaorani, che nella lingua Huao significa "gente persona". Fino agli anni '50 vivevano in un territorio di circa 20.000 chilometri quadrati che si estendeva al nord dal Rio Napo, fino ai fiumi Villano e Curaray al sud. Erano suddivisi in quattro gruppi: Guequetari, Piyemoiri, Baihuaorani e Huespeiri. Anche se erano uniti fra di loro da parentela le loro relazioni sfociavano spesso in ostilità. All'inizio degli anni '70 la popolazione Huaorani ha iniziato a disperdersi, spostandosi in aree esterne dalla zona protetta messa a disposizione dal Governo. Attualmente vivono in zone di protezione raggruppati in piccole comunità come Tona Empari, Dayuno, Cononaco e Yasuni; L'introduzione di alcuni prodotti come macheti, fucili, asce, ha spinto molti di loro a lavorare come salariati per poterseli procurare. Negli ultimi anni sono aumentati notevolmente le unioni tra le donne Huao con i Quechua. Nelle varie comunità non esistevano uomini che detenevano il potere; la donna ha un ruolo importante nella vita degli Huaorani. Sono considerati un modello eccezionale di adattamento all'ambiente amazzonico. Sono circa 2.500 persone, organizzate in comunità e vivono nelle province di Orellana, Napo e Pastaia, nella regione amazzonica situata tra i fiumi Napo e Curaray. Dividono il territorio con i popoli Tagaeri e Taromenane, di cui sono rimaste circa 400 persone che hanno deciso di evitare il contatto con altri gruppi umani. Per queste popolazioni indigene la foresta è un luogo sacro perché conserva lo spirito dei loro antenati, la loro storia e moltissime forme di vita. L'incontro del popolo Huaorani con il resto del mondo è stato, di fatto, segnato profondamente dalla presenza delle compagnie petrolifere. Questo legame ha comportato, nel corso dei decenni, una trasformazione dell'ambiente e del modo di vivere della comunità. Sono comparse nuove malattie come l'epatite B e C portando gravi conseguenze, sifilide, alcolismo, infezioni della pelle nei bambini e varie tipologie di cancro soprattutto tra le donne. Uno studio condotto da Acción Ecológica ha dimostrato, infatti, che il cancro è responsabile del 32% delle morti nelle zone petrolifere dell'Amazzonia ecuadoriana, un dato superiore alla media nazionale che è del 12%.


Penti, il capo della tribù Bameno è un uomo che sta combattendo contro il governo dell’Ecuador per salvare la propria gente e la propria cultura. E’ grazie alla sua lotta, aiutato da un’avvocato americano e da Matthiew, un giovane volontario anch’egli americano, che il governo dell’Ecuador ha definito una parte dell’Amazzonia che sorge sul proprio territorio e all’interno del Parco Yasunì, zona intangibile, cioè una zona dove possono entrare solo gli indios, o persone il cui ingresso viene approvato dagli Indios, come i turisti per esempio, e dove il governo si è impegnato a non fare trivellazioni per la ricerca del petrolio.
Mi ha detto Penti, la foresta è la mia casa, nella foresta troviamo tutto quello di cui abbiamo bisogno, se la foresta viene uccisa, noi stessi veniamo uccisi.
La politica di Penti per salvare le proprie tradizioni e il proprio stile di vita è di cercare di far capire al Governo dell’Ecuador che salvaguardare le comunità di Indios può portare a una fonte di reddito turistico. E’ per questo che ha accettato di ospitare turisti nella comunità Bameno e i soldi che si pagano: $ 130 al giorno a persona oltre $ 200 di tassa di ingresso al parco vanno in gran parte proprio al Governo dell’Ecuador.
Altrettanto affascinante l’ambiente della foresta che è senza dubbio "selvaggio", con gli annessi pericoli e fastidi.
L’incontro con questa popolazione è stato un incontro che mi ha dato tantissimo, in questo viaggio ho conosciuto persone di una sensibilità eccezionale, tutti ci hanno accolto come se fossimo sempre vissuti con loro, ci hanno raccontato di chi erano figli o nipoti, di cosa vorrebbero fare nella loro vita, le mamme ci hanno mostrate orgogliose i loro bambini, nel villaggio c'era anche una bambina down coccolata da tutti, e i suoi occhi brillavano di felicità. Non scorderò mai più tutto ciò.

1° giorno:
Con un volo Roma – Madrid arrivo a Madrid dove incontro i miei compagni di viaggio, da qui un altro volo ci porterà a Quito, capitale dell’Ecuador. Grazie al fuso orario arriviamo a Quito lo stesso giorno in cui siamo partiti! Una curiosità: arrivati all’aeroporto di Quito, una volta ritirati i bagagli, prima di lasciare l’aeroporto, si passa davanti a un semaforo dove un addetto spinge un tasto, se viene verde si passa senza alcun controllo, se viene rosso occorre far passare i bagagli nell’apposita macchina che ne visiona il contenuto.
Arrivati in hotel prendiamo le stanze e usciamo a cena.

2° giorno:
Oggi visitiamo San Francisco de Quito, o semplicemente Quito; la data della sua prima fondazione è incerta; i registri più antichi si trovano nell'hacienda del Inga; tuttavia si pone la sua nascita al 6 dicembre del 1534 con la conquista spagnola. Fu la prima città dichiarata, insieme a Cracovia, come Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, il 18 settembre 1978. Nel 2008 è stata nominata sede dell’Unione delle Nazioni Sudamericane. La città si trova a 2.850 metri di altezza sul livello del mare, all’ombra del vulcano Pichincha, ed è la seconda capitale più alta del mondo. La città vecchia è la sua principale attrazione: un insieme di pittoresche plazas, chiese che mescolano elementi spagnoli, moreschi e indigeni, facciate seicentesche.
Dal nostro hotel raggiungiamo il centro in autobus, è un susseguirsi di viuzze, antichi edifici coloniali perfettamente restaurati, chiese, monasteri e tanta, tanta gente: ambulanti che vendono la loro merce, donne che sventolano biglietti di chissà quale lotteria incitando le persone che passano a comprarli, lustrascarpe, persone che passeggiano, e su tutto domina, quasi a proteggere la città, la Virgen de Quito, una statua raffigurante la Madonna con una corona di stelle e ali angeliche in piedi su un drago incatenato che sormonta il mondo.
Andiamo a pranzo al mercato centrale: vogliamo assaggiare la famosa ceviche, piatto freddo di pesce e frutti di mare crudi, marinati nel limone e conditi con cipolle ed erbe. Il mercato è un luogo interessate, sicuramente non il tipico mercato all’aperto dei Paesi sud americani; è un mercato chiuso, ordinato, dove vi sono dei banchi che servono cibo e dove si trovano tavoli e sedie per sedersi a consumare il proprio pasto. E’ un mercato amato dagli abitanti della città che vengono qui a fare i loro acquisti di carne, frutta, verdura e a mangiare. Siamo gli unici europei. E dopo pranzo continuiamo il nostro giro salendo fino al Panecillo, dove si trova la statua della Vergine Maria e da dove si gode di un panorama su tutta la città. Anche qui tanti venditori ambulanti, e curiosi come siamo acquistiamo della strana frutta che risulterà essere buonissima.
Arriviamo poi, con un taxi, alla stazione dei bus per acquistare i biglietti per andare, domani, a Coca (vero nome San Francisco de Orellana), da dove inizierà la nostra avventura alla scoperta dell’Amazzonia.
La sera  andiamo a cena a un famoso ristorante di Quito per mangiare il cuy, cioè il porcellino d’India.



3° giorno:
Usciamo prestissimo dall’hotel, sono d’accordo con il tassista che ieri sera ci ha riportato in hotel che questa mattina verrà a prenderci, ma arrivata l’ora dell’appuntamento non si vede. Aspettiamo 5 minuti, ci siamo mossi in anticipo e ce lo possiamo permettere, poi rientro in hotel e chiedo alla reception di chiamare un taxi.....arrivati al terminal terrestre e caricati i bagagli nel bus ci mettiamo comodi, abbiamo 9 ore di viaggio davanti a noi: il paesaggio che attraversiamo è bellissimo.Arrivati a Coca prendiamo un taxi per l’hostal che è abbastanza lontano dal capolinea dei bus.
In hostal ci stanno aspettando sia Penti, il capo tribù della comunità Bameno, presso la quale passeremo qualche giorno, che Fernando, che ci farà da guida nella “seconda parte” del viaggio.
Coca è una cittadina che non offre molto, ma è l’ultimo avamposto di “civiltà” prima che il rio Napo, lungo le cui sponde sorge, si inoltri nella foresta pluviale fino al Parque Nacional de Yasunì, e per questo il punto di partenza ottimale per visitare l’Amazzonia.
Questa sera mangeremo dell'ottimo street food!











4° giorno:
La mattina ci alziamo presto, dobbiamo fare gli ultimi acquisti per la nostra spedizione, anche Penti è andato a comprare le cose necessarie per il viaggio e il nostro soggiorno in comunità, comprando frutta, verdura etc.
Andiamo a cercare gli stivali di gomma per le passeggiate che ci aspettano nella foresta, e i teli di plastica da mettere fra il terreno e la tenda per evitare il contatto con il terreno bagnato, e teli per coprire i bagagli.
Lasciamo Coca alle 11:00, viaggiamo su un truck molto grande, con noi ci sono altri Indios; ci fermiamo lungo la strada in un paesino per andare in bagno e uno spuntino veloce comprando degli spedini di carne alle bancarelle lungo la strada e ripartiamo per raggiungere il molo dove ci imbarcheremo per andare dalla comunità Bameno. C’è un posto di controllo, il Governo dell’Ecuador richiede delle vaccinazioni per entrare nella c.d. zona intangibile. Consegniamo a Penti la fotocopia del libretto giallo delle vaccinazioni internazionali che venie data a un militare che le controlla insieme al passaporto che ci è stato chiesto di mostrare e ci registra come visitatori idonei. In questo posto di controllo vivono anche degli impiegati del governo che danno supporto ai tour nella giungla in quanto sono in contatto radio con le guide 24 ore al giorno.
Scarichiamo tutto dal truck e carichiamo tutto sulla barca a motore. E’ una canoa lunga circa 10 metri, ci stanno tutti i nostri bagagli, le provviste di cibo, le taniche di carburante e siamo in tutto 20 persone. L’unica nota negativa è che la canoa è senza tetto. Da domani ne avremo una con il tetto. Riusciamo a partire alle 15:45, un po’ tardi visto che alle 18:00 fa notte.
Dopo 5 ore di navigazione, di cui una buona parte accompagnati solo dalla luce delle stelle, e da una torcia di un Indio seduto a prua della canoa che dava indicazioni al motorista su dove dirigersi per evitare i tronchi che invadono il rio, arriviamo al luogo dove passeremo la notte; scarichiamo bagagli e tende e mentre noi sistemiamo le tende ci viene preparata la cene (zuppa calda, ci sta benissimo!, un piatto di riso in bianco, cetrioli e un po’ di pollo). Finita la cena andiamo a dormire.







5° giorno:
Mi sveglio presto, sento un po’ di freddo, mi vesto e esco dalla tenda. Quello che vedo davanti a me è bellissimo: il fiume, la foresta, tutto è avvolto da una sottile nebbia. Mi siedo a godere di questo spettacolo. Sento del movimento dietro me, è Penti che sta preparando la colazione. Sveglio i miei compagni di viaggio che se la dormono beatamente, dobbiamo partire presto. Smontiamo la tenda, arriva la colazione: 1 piatto di frutta con banane, e mango, e poi pan cake e caffè. Inizia a piovere. Penti ha già iniziato a caricare la barca con i nostri bagagli.
Oggi per fortuna abbiamo una barca coperta.
Partiamo alle 8:15, navighiamo lungo questo magnifico fiume, godendo nonostante la pioggia del paesaggio. Rapido pranzo su una spiaggia e ricomincia la navigazione, arriviamo alla comunità alle 16:00.
Tutta la comunità è in attesa del rientro di Penti, che ha approfittato del suo soggiorno a Coca per fare rifornimento di beni necessari anche per la comunità stessa. Tutti gli fanno una gran festa “Hola Penti, como estas?”. E Penti li saluta con un grandissimo sorriso.
Il terreno su cui sorge il villaggio è rialzato rispetto alla riva del fiume, data la pioggia è fangoso e facciamo un po’ di fatica a salire, Penti ci indica dove possiamo montare le tende , aggiungendo che ceneremo verso le 19:00 e che siamo liberi di muoverci nel villaggio come meglio crediamo. I bambini ci hanno già circondato incuriositi, si avvicina a noi una ragazza, tiene in braccio un bambino, si presenta e dice di essere la nuora di Penti e quello che tiene in braccio è il nipote del capo tribù, Le chiedo il nome del bambino e mi dice che non lo ha. “No tiene nombre?” chiedo incuriosita. Mi risponde che il nome ai bambini viene dato dopo diversi mesi dalla nascita. Dopo poco conosciamo già tutti. Cominciamo a montare le tende, i bambini, stanchi di starci a guardare, cominciano a giocare fra loro. Finiamo di montare le tende e iniziamo ad andare in giro per il villaggio, un insieme di case costruite con tronchi di albero e foglie di palme. I bambini ci corrono di nuovo incontro e ci accompagnano.

























6° giorno:
Oggi sveglia con calma. Colazione alle 8:00. Dopo colazione chiediamo a Penti di parlarci ancora della sua lotta per salvaguardare la foresta; gli si illuminano gli occhi e ci mostrato con varie mappe come il Governo stia distruggendo la Selva concedendo la trivellazione del territorio a compagnie petrolifere e relegando gli indigeni in aeree sempre più ristrette.
Verso le 10:00 usciamo con Penti per andare a fare una passeggiata nella Selva, prendiamo la canoa per pochi metri e approdiamo. Scendiamo e iniziamo a camminare. Penti ci illustra e spiega le varie specie di piante che incontriamo, per lo più piante medicinali. Percorriamo un sentiero stretto e Penti ci porta a prendere una piccola canoa, ci sediamo su dei tronchetti che fanno da sedile e che sono incastrati fra i due lati della canoa, navighiamo in una laguna che ha un fascino tutto particolare. Già il fatto che non c’è il rumore del motore della barca fa sì che si sentano tutti i suoni degli animali che vivono nella laguna. Torniamo verso le 13:00, il pranzo è pronto (zuppa di cavolfiore, patate, carote; un secondo con carne, patate, verdure).
Inizia a piovere, ma per fortuna dura poco. Yuri e Alessandro, finito di mangiare vanno a farsi trascinare con i giubbotti salvavita dalla corrente del fiume, ovviamente in compagnia di gran parte dei bambini del villaggio, è una cosa molto divertente. Nel pomeriggio andiamo in una capanna del villaggio a vedere la preparazione del curaro, il veleno con cui vengono bagnate le punte delle frecce, e dopo di nuovo in acqua, questa volta anche io. E poi si gioca con i bambini: girotondo, ma quante belle figlie madama Doré, e tutti in di nuovo in acqua. Siamo tornati bambini anche noi!
La sera: una magnifica passeggiata notturna nella foresta, sempre accompagnati da Penti. Certo non è come camminare di giorno, l’unica luce è data dalle nostre luci frontali, ma così la foresta è ancora più suggestiva, tutto è silenzio, ogni tanto un raggio di luna riesce a fare capolino fra le fitte fronde degli alberi.
Oggi è arrivato Matthew, il volontario americano che aiuta Penti a tenere i rapporti con i turisti, con la sua fidanzata per passare una giornata in comunità e salutare Penti in quanto Matthew, dopo aver passato alcuni mesi a Coca, tornerà in Argentina per lavorare durante la stagione invernale come istruttore di hockey sul ghiaccio.




























































  




7° giorno:
Colazione alle 7:00, oggi è prevista una giornata di caccia, piove a dirotto, ma noi impavidi con le nostre mantelle e gli stivali di gomma saliamo sulla barca, facciamo un’ora di tragitto e attracchiamo. Ci issiamo su per le sponde fangose e scivolose e entriamo nella Selva, nonostante la pioggia che ci bagna come pulcini. Penti ci dà delle foglie enormi per coprirci la testa e così fanno gli altri Indios che ci accompagnano, la selva è bellissima! Non si può cacciare, gli animali sono tutti nascosti e così gli Indios ci fanno vedere come si abbatte un albero e come lo si lavora per preparare le lunghe cerbottane con cui gli Huaorani cacciano. Il processo di taglio dell’albero abbattuto è particolare e l’abilità degli Huaorani nel tagliarlo in parti uguali tali da essere utili per lo scopo è notevole. Li osserviamo per un po’, poi con Penti andiamo ancora a camminare nella Selva: quanto fango! Ci si affonda. Arriviamo, dopo aver guadato anche un paio di fiumiciattoli, abbastanza alti comunque da fare entrare l’acqua negli stivali e quindi da farci bagnare anche i piedi al Lago Salato, è uno spazio aperto, purtroppo anche questo pieno di fango, ma se ne capisce ugualmente la bellezza. In questo posto, nella stagione secca si riuniscono centinaia e centinaia di pappagalli ai quali c’è un monumento nella terra: un masso che sembra un pappagallo. Chiedo a Penti chi lo ha fatto e mi risponde che è stata la natura, lo trovo un po’ strano, ma non dico niente. Purtroppo continua a piovere a dirotto. Siamo veramente zuppi. Torniamo indietro dove abbiamo lasciato gli altri Indios a lavorare l’albero tagliato per costruire le cerbottane. Hanno fatto molti pezzi che porteranno al villaggio per terminare di lavorarli. Penti ha visto un palmito e ce lo taglia per farcelo mangiare. Che dire? Veramente ottimo. Ancora un tratto di strada e siamo al fiume, riprendiamo la barca, continua a piovere e abbiamo 1 ora di navigazione. Lungo il rio vediamo una canoa portata via dalla corrente da chissà quale villaggio, ci avviciniamo, la leghiamo alla nostra barca e la portiamo alla comunità Bameno.
Torniamo al pueblo che sono ormai le 15:00. Ci cambiamo e pranziamo. Nel pomeriggio verso le 17:30 ci sarà una presentazione culturale. Uomini e donne sono con gli “abiti” tradizionali, cantano e ballano nella loro lingua, fra gli ospiti del villaggio vi è anche una coppia di turisti della Nuova Zelanda e gli Indios celebrano il loro matrimonio: gli sposi sono seduti su un’amaca e gli uomini sono tutti intorno a loro a cantare, e quello che dicono, ci dirà più tardi Penti è che se prima erano due persone ora sono una persona sola.
Finita la cerimonia ci fermiamo a parlare con Penti e lo sciamano che ci racconta della prima volta che vide arrivare un aereo che portava il personale di una compagnia petrolifera che avrebbe fatto esplorazioni sul territorio. Lo sciamano pensava che fosse lo spirito del giaguaro. Penti, che all’epoca del contatto aveva 6 anni, ci racconta quello che ha saputo dai suoi genitori e dagli altri anziani del territorio: all’inizio i luoghi doveve vivevano gli Indios venivano sorvolati da aerei che gettavano del riso e altro cibo, sono andati avanti così per circa un anno, poi sono atterrati e vi erano soprattutto gesuiti che hanno convinto la popolazione a spostarsi in un’ altra zona. Questo, commenta Penti, per consentire le esplorazioni petrolifere. Questo fatto per gli Indios è stato devastante in quanto sono entrati in contatto con i bianchi e hanno contratto malattie a loro sconosciute, molti sono morti anche per una semplice febbre, Penti ci dice anche che il padre ha ucciso più di 20 uomini che lavoravano nelle compagnie petrolifere affinché lasciassero il territorio. E’ pronta la cena, lasciamo Penti con la sua famiglia e andiamo a mangiare. Siamo stanchi e dopo un po’ di chiacchiere andiamo a dormire.


















8° giorno:
Oggi si affronta il rientro. Prepariamo i bagagli, è previsto di partire per le 10:00, ma Penti è stato avvertito (tramite la radio trasmittente che hanno al villaggio) che in
mattinata arriverà un politico che la comunità ha già da tempo contattato per dargli la delega per rappresentare la comunità stessa e i suoi problemi al Governo e quindi ci sarà una assemblea nel villaggio, assemblea presieduta da Penti stessi. A noi non dispiace affatto poter assistere ancora per un po’ a un pezzetto di vita di queste persone.
Finita la colazione viene allestito un mercatino con artigianato locale, compriamo varie cose.
Verso le 9.00 arriva questo politico, tutta la comunità è riunita in assemblea, Penti illustra i problemi che hanno, qualcuno fa domande al politico, alla fine a votazione, decidono di dargli la delega.
Alle 12:15 partiamo, la barca è scoperta e……inizia a piovere forte, non facciamo neanche in tempo a coprirci adeguatamente. Pazienza. Alle 16.00 ci fermiamo in una area abitata da una sola famiglia Huaorani, ci ospiteranno in casa loro, il fuoco è già acceso. Fortunatamente ha smesso di piovere, ci cambiamo e andiamo a esplorare un altro tratto di questa magnifica Selva. Ceniamo presto, domani ci aspettano tante ore di navigazione.


















9° giorno:
Partiamo presto, dopo una abbondante colazione, abbiamo tanta strada da fare, continuiamo ad ammirare questo meraviglioso paesaggio, una coppia di pappagalli colorati ci passa sopra la testa, ne vediamo tanti sugli alberi, mariposas azzurre volano sull’acqua, scimmiette saltano da un albero all’altro, tutto sembra salutarci, guardo Penti, lui stesso che chissà quante volte ha fatto questo percorso, osserva con Amore la sua foresta, quella foresta per la quale sta tanto lottando. Facciamo una sosta di 30 minuti per il pranzo e riprendiamo la navigazione. Arriviamo al molo dopo 9 ore di navigazione, abbiamo fatto una velocissima sosta per il pranzo, al molo scarichiamo il bagagli, e li montiamo su un pick up. Partiamo alle 17:00, questa volta, dato che il mezzo che abbiamo è più veloce ci impieghiamo solo 1:40 per arrivare a Coca, medesimo hotel, dove per la notte si fermerà anche Penti. Ci salutiamo con le lacrime agli occhi.
Fernando ci sta aspettando in albergo per accordarsi sull’ora di partenza di domani, parlo con lui e poi raggiungo i miei compagni di viaggio in stanza, tiriamo fuori dai bagagli tutti gli abiti bagnati, li appendiamo mettendo una corda lungo la stanza e accendiamo l’aria condizionata. Ci facciamo una doccia, ne abbiamo bisogno. Quindi usciamo per cena, andiamo lungo la strada di fronte al nostro hotel a mangiare ai banchetti che ci sono lungo la strada e dopo un buon pollo arrosto con riso e papaya andiamo anche a mangiare un gelato in una gelateria che si trova a metà strada fra i banchetti e il nostro hotel.









Dall'epesperienza di questa prima parte del viaggio ho proposto ad Avventure nel Mondo il viaggio Oriente Amazzonico

Commenti

  1. Mi sono letteralmente goduta la tua splendida Avventura in Amazzonia. E' un viaggio che rimane nei miei "sogni" ma che purtroppo non ha mai nessuno. E' un po' che lo tengo d'occhio......

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    1. Ciao, grazie. Questo racconto riguarda la prima parte di un viaggio di 23 giorni, Amazonas appunto, ma da questa mia esperienza è nato un viaggio più breve: Oriente Amazzonico, di 16 giorni, che si svolge solo in Ecuador e dove puoi vivere la stessa esperienza che ho vissuto io. Ti lascio il link del viaggio http://www.viaggiavventurenelmondo.it/nuovosito/viaggi/schedeviaggi/5655.php e se per caso vuoi dettagli maggiori chiamami.

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  2. Ciao sono Davide di Milano: posso chiederti una cosa su Avventure? Su Messanger no riesco a scriverti…

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